Quella mattina del 24 marzo 1160, il sole splendeva nel cielo limpido annunciando la primavera. Dalle vetrate frontali della Cattedrale, i raggi entravano obliqui trafiggendo la navata centrale.
Il concilio era pronto. I cardinali riempivano i seggi, in attesa del papa. L’entrata di Alessandro III fu annunciata dal rumore dei gambali d’ottone delle sue guardie.
Era furioso, i cardinali lo sapevano, e per questo nessuno osava parlare. La scomunica era pronta, bastava ratificarla. Ma non sarebbe bastata a placare il suo animo, pieno di collera verso l’imperatore, che aveva osato sfidarlo. Federico I Hohenstaufen, detto il Barbarossa: avrebbe imparato a stare al suo posto, di questo Alessandro III era certo.
In quella stessa Cattedrale, solo un anno prima, il suo predecessore papa Adriano IV aveva incontrato i legati di Milano, Cremona, Brescia e Piacenza per avviare le trattative per la costituzione della Lega Lombarda, col fine di resistere alla tirannia dell’imperatore. Uno degli artefici più importanti era stato il cardinale anagnino Giovanni Conti, che ora dal suo seggio guardava il nuovo papa con animo lieto, perché lo sapeva a favore della Lega, ma anche con preoccupazione, perché dopo la scomunica dell’imperatore, che anch’egli riteneva necessaria, sarebbe stato ingenuo non aspettarsi la più feroce delle reazioni. E Barbarossa non era uno che andava per il sottile.
Alessandro III ne era consapevole. Ma dopo quell’atto spregiudicato, quell’affronto, quella barbarie, pensava, quel sacrilegio che il monarca germanico aveva compiuto contro di lui, contro tutto il Papato, poco più di un mese prima, insieme a quel traditore blasfemo del cardinale Ottaviano de’ Monticelli, che aveva osato farsi nominare papa col nome di Vittore IV, la scomunica era un atto necessario e inderogabile.
Il legato del papa salì sul pulpito e, dispiegando la pergamena, lesse ad alta voce tutti gli articoli della scomunica, che risuonò tra le colonne della Cattedrale come il peggiore degli anatemi.
Alessandro III chiuse gli occhi, prese un lungo respiro. Il suo mandato era iniziato sotto i peggiori auspici, addirittura con la minaccia di uno scisma, e il futuro non si presentava certo con vesti più generose, anzi, pensò; sarebbe stato più difficile e spietato di quanto potesse immaginare. Ma si sentiva pronto, forte, e con l’aiuto di Dio avrebbe difeso la Chiesa contro chiunque, anche contro se stessa.
Inizia così lo scontro tra l’imperatore del Sacro Romano Impero e il Papato, che avrebbe avuto il suo epilogo con la battaglia di Legnano nel 1176, dove il sogno di Federico Barbarossa di riportare l’Europa intera a essere un unico, glorioso Impero, come era stato ai tempi dei Romani, si frantuma attorno al carroccio della Lega Lombarda, sul quale sventola il vessillo del papa.
Crediti fotografici: l’affresco di Vincenzo Meucci, Incontro fra papa Alessandro III e il Barbarossa a Venezia, è parte di Palazzo Cerretani di Firenze. L’affresco di Spinello Aretino, Il Barbarossa si sottomette all’autorità di Alessandro III, fa parte del ciclo di affreschi dedicati al pontefice anagnino presso il Palazzo Pubblico di Siena. Tutti i diritti dei rispettivi proprietari.