



Un altro giorno è trascorso, pensa, un altro giorno verrà.
Il tempo sembra essersi fermato, e sebbene la guerra sia sempre in agguato, non ricorda più il suono della sua ultima battaglia. Il suo popolo ha fama di essere bellicoso, ha fama di essere rude e forte, gente venuta dal freddo del nord, e questa fama l’ha conquistata sul campo. Non a caso il loro nome è quello della rupe, della roccia: gli Ernici, e come la roccia sono i suoi soldati.
Ma ormai l’ira dei Volsci e dei Sanniti era stata messa a tacere, e adesso che la Lega delle città era stabile, che l’amicizia con Roma era consolidata da molti anni ormai, l’eco delle battaglie si spegneva tra le montagne. Aletrium, Anagnia, Ferentinum, Verulae. La loro forza era stata l’unione. Solo grazie alla loro unione, alla Lega Ernica, avevano potuto sconfiggere il nemico invasore.
Le mura, quelle mura grezze e possenti che circondavano la città di Anagnia, e che tanti nemici avevano respinto, mura costruite da Saturno in persona, erano inviolabili, e così sarebbero rimaste, pensò il soldato. Nessuno avrebbe mai potuto scalfirle, perché erano protette dalla volontà degli dei. Quando sarò morto, pensò il soldato, altri uomini Ernici come me staranno qui a guardia di queste mura, per le generazioni a venire.
Ma il suo non era un popolo di guardiani, e il soldato lo sapeva: presto quel ruolo gli sarebbe stato stretto. E così, quando Roma si indebolì, gli Ernici la attaccarono, e quando Roma divenne così forte da rispondere con la massima violenza al loro tradimento, ecco che la città di Anagnia, il perno attorno al quale la Lega si muoveva, il centro dei veri responsabili dell’attacco per la conquista di Roma, venne sottomessa, divenendo una praefectura nella quale il tempo, e la nascente potenza di Roma, avrebbe diluito il ricordo di quel popolo coraggioso e battagliero, che aveva trovato nell’unità delle sue genti la sua forza più grande.
Chissà cosa resterà tra mille anni di questo nostro nome, di questa nostra terra, di questa nostra unione, pensò il soldato. Poi chiuse gli occhi, e da sopra la montagna l’ululato di un lupo accompagnò il suo sospiro.