La notte è per le anime inquiete. Delle volte, quando mille fermenti agitano il sonno, e non si riesce a chiudere gli occhi, basta uscire di casa e fare due passi, per trovare una serenità qualunque. Le metropoli offrono ogni servizio anche di notte,  coi negozi, i market, i trasporti pubblici aperti h24, le luci feroci davanti alle quali il buio si arrende; ed è come trovarsi in un tipo differente di giorno, duplicato, che presto perde il suo fascino misterioso, poiché ciò che si vive è già conosciuto, e le ombre in fondo alle larghe strade senza traffico portano suoni di misteri sventati, di leggende quotidiane ormai classificate e smorte.

Altro è camminare di notte tra i vicoli di una cittadina silenziosa che affonda le sue radici nell’antichità, dove i lampioni sono color dell’ambra, alleati della notte, delle ombre, e dove le pietre degli edifici sono state poste l’una sull’altra da lontani antenati, i cui sospiri e le cui risa riecheggiano ancora sotto le volte, tra i muri.

Allora basta farsi condurre dall’ignoto, dalla fantasia misteriosa che la distanza della storia, delle cose perdute e ogni giorno riconquistate, riaccende a ogni passo, come fuochi fatui, purché si sappia tenere gli occhi aperti, guardarsi attorno, porre orecchio al silenzio.

Poi chissà, ci si può imbattere in un locale che pare custodire segreti di gente d’oltremare, in una piazza dove vecchi musici in gilet e giovani danzatrici scalze ballano e cantano al suono delle campane, e magari incontrare l’anima gemella, che di sicuro, se anch’essa si è lasciata affascinare dal riecheggiare dei passi tra i vicoli di notte, non sarà affatto sconosciuta, né sorpresa di vederti.

A cura di Anagni Excelsa

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