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A guardia delle possenti mura, luomo è ritto in piedi. Nella mano tiene stretto larco, e il suo sguardo è fiero, vigile, mentre il sole tramonta alle sue spalle, dietro le montagne. Porta una pelle di lupo come copricapo, e ha il piede sinistro scalzo, mentre il destro è coperto dal pero, il calzare di cuoio grezzo che serve per meglio scagliare le pietre contro il nemico, in battaglia.

Un altro giorno è trascorso, pensa, un altro giorno verrà.

Il tempo sembra essersi fermato, e sebbene la guerra sia sempre in agguato, non ricorda più il suono della sua ultima battaglia. Il suo popolo ha fama di essere bellicoso, ha fama di essere rude e forte, gente venuta dal freddo del nord, e questa fama lha conquistata sul campo. Non a caso il loro nome è quello della rupe, della roccia: gli Ernici, e come la roccia sono i suoi soldati.

Ma ormai lira dei Volsci e dei Sanniti era stata messa a tacere, e adesso che la Lega delle città era stabile, che lamicizia con Roma era consolidata da molti anni ormai, leco delle battaglie si spegneva tra le montagne. Aletrium, Anagnia, Ferentinum, Verulae. La loro forza era stata lunione. Solo grazie alla loro unione, alla Lega Ernica, avevano potuto sconfiggere il nemico invasore.

Le mura, quelle mura grezze e possenti che circondavano la città di Anagnia, e che tanti nemici avevano respinto, mura costruite da Saturno in persona, erano inviolabili, e così sarebbero rimaste, pensò il soldato. Nessuno avrebbe mai potuto scalfirle, perché erano protette dalla volontà degli dei. Quando sarò morto, pensò il soldato, altri uomini Ernici come me staranno qui a guardia di queste mura, per le generazioni a venire. 

Ma il suo non era un popolo di guardiani, e il soldato lo sapeva: presto quel ruolo gli sarebbe stato stretto. E così, quando Roma si indebolì, gli Ernici la attaccarono, e quando Roma divenne così forte da rispondere con la massima violenza al loro tradimento, ecco che la città di Anagnia, il perno attorno al quale la Lega si muoveva, il centro dei veri responsabili dellattacco per la conquista di Roma, venne sottomessa, divenendo una praefectura nella quale il tempo, e la nascente potenza di Roma, avrebbe diluito il ricordo di quel popolo coraggioso e battagliero, che aveva trovato nellunità delle sue genti la sua forza più grande.

Chissà cosa resterà tra mille anni di questo nostro nome, di questa nostra terra, di questa nostra unione, pensò il soldato. Poi chiuse gli occhi, e da sopra la montagna lululato di un lupo accompagnò il suo sospiro.

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